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Dylan Dog, l'horror, il cinema e tutto ciò che ruota attorno all'universo dell'Indagatore dell'Incubo!

mercoledì 28 novembre 2012

Recensione Dylan Dog n°315 "La legione degli scheletri"


DYLAN DOG n° 315
"LA LEGIONE DEGLI SCHELETRI"
soggetto, sceneggiatura, disegni e copertina: Angelo Stano

Lo ammetto: ero un pò scettico sull'idea di Angelo Stano autore completo. 
Era affascinante l'idea di vedere per la prima volta nella storia di Dylan Dog un albo che portasse un'unica firma in tutta la sua totalità, dalla copertina, alla sceneggiatura fino ai disegni, ma non sapevo proprio cosa aspettarmi... 
Però ci tengo a precisare che il mio non era uno scetticismo con ragione di causa, non lo basavo sull'effettivo valore che Stano poteva avere come scrittore (come disegnatore non importa neanche pensarci, è da sempre il miglior interprete visivo del personaggio, e credo lo rimarrà in eterno!), non avendo mai letto niente prima d'ora che portasse la sua firma; era più che altro una specie di presentimento (lo vogliamo chiamare quinto senso e mezzo?!?), partivo prevenuto senza alcun logico motivo.

Fortunatamente, il nostro Angelo preferito mi ha dimostrato l'esatto contrario di quanto mi aspettassi!
Obbiettivamente capisco anche le perplessità di quelli che invece sono rimasti un pò incerti sull'effettivo valore di questa storia, comprendo che ci siano alcuni passaggi che possono lasciare un pò così, diciamo "sfasati", con sequenze che in un primissimo momento possono apparire banali e poco "alla Dylan Dog".
Niente di più sbagliato!
Ok, non avrà la genialità del Tiziano Sclavi di una volta, quello che passava da "Memorie dall'invisibile" a "La casa degli uomini perduti", passando per "Dopo mezzanotte" o "Storia di Nessuno" con una disinvoltura disarmante (ma quella, ahimè, nessuno ce l'ha mai avuta e probabilmente nessuno ce l'avrà mai, forse nemmeno Sclavi stesso...);
non avrà la carica emotiva della miglior Paola Barbato (che fa godere alcuni e storcere il naso ai "puristi"), autrice che ha mantenuto a galla Dylan negli anni più bui;
non avrà l'istrionismo e la tamarraggine del RRobe o la poetica di Michele Medda, i due outsider di lusso che ci hanno regalato piccoli capolavori;
senza tralasciare Fabrizio Accatino, autore di pochissime perle nel corso degli anni, ma che hanno lasciato un segno profondo (in particolare l'ultima sua prova pubblicata quest'anno, di cui ho già parlato, "L'assassino della porta accanto");
Però.......Angelo Stano scrive un "Dylan Dog".
Quello vero, intendo. Quello che invochiamo da anni, quello che ci passavamo di banco in banco quando eravamo ragazzini degli anni novanta.
E ci mette dentro un pò tutti gli elementi sopra elencati (esclusa forse la tamarraggine recchioniana, ma quella in questa storia avrebbe stonato), privilegiando saggiamente quella giusta visionarietà di papà Sclavi (dopotutto lui è lo zio Stano, dopo 25 anni a veglia sul caro nipote avrà pur assorbito qualcosa, no?!)
Parte da un soggetto semplice semplice, come più volte sottolineato da molti utenti dei vari forum specializzati, e da lì snoda una sceneggiatura che rimescola le migliori caratteristiche del Dylan old style: una indagine degna di portare questo nome (finalmente!), un Groucho vivo e parte integrante della vicenda (ci voleva tanto?!), il tesserino di Scotland Yard scaduto, il quinto senso e mezzo, un ispettore Bloch vero seppur poco presente, una cliente che si farà ricordare, e poi i sogni e gli incubi che si mescolano...c'è addirittura spazio nientepopòdimenochè per Morgana, la donna di tutte le donne dylandoghiane (nonchè madre), che appare nella giusta dimensione dove dovrebbe apparire, quella dell'onirico e del non spiegato; per un attimo ho pensato che apparisse perfino Xabaras, nemesi storica di Dylan (nonchè padre), ma quella sarebbe stata una forzatura eccessiva se non addirittura pacchiana, e l'autore non cade in questo tranello (dove purtroppo cadono diversi altri autori contemporanei della testata, che sempre più spesso vanno a rimaneggiare personaggi secondari storici della saga al solo scopo di compiacersi i lettori di vecchia data...).
C'è soprattutto, o meglio, non c'è nessuno spiegone finale, ma solo realtà e incubo che si fondono senza cercare sempre e per forza la logica, la spiegazione nei minimi particolari, la razionalità, con quell'ultima pagina in stile Chiaverottiano, ma non troppo.
Qualche stonatura c'è (la sequenza ripresa dalla copertina non mi ha del tutto convinto...), però resta comunque una bella prima prova.
Bravo Angelo, bravo davvero!
Sull'aspetto grafico, beh, serve davvero aggiungere qualcosa? Stano non ha mai sbagliato un colpo fin dal lontano "L'alba dei morti viventi" (per chi non lo sapesse, l'indimenticabile numero 1 con cui Dylan si presentò al mondo nell'86), poteva fallire per la prima volta nel primo (e speriamo non unico) albo interamente suo?! Splendido come sempre, forse leggermente sotto il livello di prove superbe come "L'assassino è tra noi" o "Ritratto di famiglia" (solo per andare a pescare tra gli albi più recenti, perchè se tiro fuori "Storia di Nessuno" allora proprio non c'è gara), comunque ci si avvicina moltissimo.
Straordinaria anche la copertina, che corona nel migliore dei modi il primo albo di Dylan Dog interamente firmato da un unico autore.
(apro una parentesi: resta da censurare senza alcuna riserva il geniale autore dell'Horror Club del mese a pag.3, che non ha perso tempo per avvertire i lettori eventualmente troppo decelebrati per capire la storia o anche solo assaporare l'eventuale magia di una conclusione onirica, su quale sarà il finale dell'albo, preannunciando di fatto cosa troveranno nelle ultime 3 pagine dell'albo. 
Non trovo parole che non siano offensive per commentare questa cosa, quindi mi fermo qui.)

A conti fatti, un ottimo albo, che conclude degnamente un 2012 che dà forti speranze sul destino di Dylan Dog (che i più maligni danno già segnato da anni).....ma l'Indagatore dell'Incubo sarà un osso duro da spazzare via dalla storia del fumetto italiano!

Questo mese ce lo ha dimostrato suo zio....